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Fiorenza, 9 Agosto 1530
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Fiorenza, 9 Agosto 1530

san miniatoQuel 9 Agosto del 1530 Fiorenza si svegliò con un grande frastuono di voci. Il cielo era plumbeo e non sembrava certo un bel giorno d'estate, anche se il caldo si faceva sempre sentire con la sua afa. Aveva dormito molto, dopo che il giorno prima aveva vissuto in prima persona accanto a suo babbo tutte le vicende legate alla possibile fine dell'assedio. Quel Malatesta Baglioni avrebbe decretato la fine della Repubblica e della libertà come diceva il babbo, si però forse avrebbe evitato guai ben peggiori alla città visto che ormai ogni speranza era persa.

Tutto era crollato dopo che il suo amico Francesco, condottiero di Santo Spirito era stato sconfitto e ucciso a Gavinana. Aveva pianto e molto, per quella tragica notizia la piccola Fiorenza, sei anni ma un coraggio da Leone, e poi quell'assedio l'aveva fatta crescere in fretta. La tisana della sera avanti comunque aveva fatto il suo effetto, preparata con amore dalla nonna, aveva fatto si che Fiorenza avesse dormito a lungo, e ora poteva solo assistere a ciò che in città avveniva. Si perché grazie a quel suo caratterino tipicamente fiorentino, certo non sarebbe rimasta da sola in silenzio a guardare. Avrebbe di sicuro seguito il babbo che era andato a cercare di capire la situazione e come poter fare a rendersi utile a tutti in quei momenti così concitati. Sicuramente avrebbe cercato vendetta per l'amico Francesco, i bambini si sa a volte hanno mille volte più coraggio degli adulti. Così per evitare guai maggiori il babbo d'accordo con gli altri membri della famiglia avevano deciso di farle bere la tisana del sonno, come la chiamavano. Stavolta però confusero il sapore della tisana con quel poco di prezioso zucchero che avevano da parte, e gliela somministrarono. Lei bevve e non si accorse di nulla, solo al suo risveglio comprese, mordendosi le labbra e ringhiando rabbia dentro di se. Scese dal letto e con un guizzo passò fuori incurante delle grida della mamma e della nonna che la richiamavano in casa. Corse via ed andò verso il Bargello. Li vide che vi era grande concitazione e tante persone venivano imprigionate, corse allora a cercare il babbo e lo vide entrare dentro il palazzo della Signoria, tirò un sospiro di sollievo, era salvo e stava bene, per di più non lo avevano arrestato. Allora di passo svelto senza farsi troppo notare inizio' a vagare per le vie della città che conosceva a memoria, le avrebbe potute girare ad occhi chiusi. Era pieno di soldati delle truppe imperiali, brutti, sporchi e puzzolenti, facevano paura con le loro folte barbe, e poi non si capiva bene cosa dicevano. Una donna si accorse di lei, e la prese per un braccio trascinandola in un vicolo. Zitta! Le disse. Non la conosceva, non l'aveva mai vista prima, ma si sentì rassicurata. Dopo qualche secondo passarono quattro soldati ubriachi, che però non fecero caso a loro nel vicolo. Pericolo scampato, le disse la signora. Non dovresti girare da sola per Fiorenza proprio oggi. Va a casa dalla mamma e restaci il più possibile, questi soldati non hanno metodi gentili e sono molto rozzi, non vanno molto per il sottile. Detto ciò la signora scomparve come se non fosse mai esistita, Fiorenza sentì quasi il bisogno di obbedirle, ma aveva voglia di vendicare l'amico Francesco, voleva dirgli addio alla sua maniera. Ci pensava sempre ogni giorno, al suo sguardo così rassicurante, al suo sorriso e a quando prima di fare una qualsiasi sortita la prendeva in braccio e la faceva salire sul suo cavallo dicendogli di non temere che avrebbe sicuramente portato dei viveri. E lei la sera saliva di nascosto sulle mura e andava ad attenderlo al tramonto. Ma quella sera lui non rientrò e lei capì subito che qualcosa di grave era successo. Poi arrivò la notizia e solo il suo amico Arno coi suoi bellissimi pesci e le sue acque limpide seppe un minimo consolarla. Riprese così a camminare pensando a cosa poter fare, lei era piccola e non sapeva ne maneggiare armi e tantomeno menar le mani, vista la sua poca forza fisica.

Pensò e poi, le venne in mente l'idea. Lei non era forte vero, ma qualcuno avrebbe potuto darle una mano. Certo non gli adulti della città che erano indaffarati a farne mille e poi non l'avrebbero presa sul serio. Camminando vide vicino alle mura un gran numero di cavalli, saranno stati un centinaio. Erano i cavalli degli imperiali, le venne in mente allora che avrebbe potuto fargli un bel dispetto e magari avrebbe reso così memoria a Francesco. Senza farsi vedere allora riuscì a slegare tutti i cavalli e con un bastoncino sfregandolo riuscì ad accendere un fuoco, col, quale incendiò il fieno che era stato dato loro. Le bestie alla vista del fuoco iniziarono ad imbizzarrirsi e a scappare in ogni direzione scalciando e nitrendo a più non posso, tra le grida e le imprecazioni degli imperiali che non riuscivano più a controllarle. Una mezz'ora di fuoco nel vero senso della parola, poi pian piano la situazione tornò alla normalità. Fu allora che Fiorenza si sentì prendere alle spalle. Con il cuore in gola si voltò e vide un soldato imperiale che la teneva forte per le spalle, togliendole quasi il respiro. Cercava di liberarsi a non ci riusciva, il fumo dell'incendio rendeva l'aria irrespirabile e quasi non si vedeva un metro. Pensò che ormai fosse finita, che sarebbe stata rinchiusa nelle carceri del Bargello o chissà dove, pensò al dolore che avrebbe dato ai suoi familiari, e il suo ultimo pensiero fu per Fiorenza, la sua amata città che non avrebbe rivisto mai più. Ma mentre stava per essere portata via, ecco che dalla nebbia uscì un uomo, un cavaliere in armatura, che brandiva una spada e la puntava dritto al soldato imperiale. Lo guardò bene e riconobbe in lui la figura di Francesco, fece per gridare il suo nome, ma il fiato le si spezzò in gola dall'emozione. Il soldato imperiale però anche lui riconobbe la sagoma del condottiero sconfitto e spaventato a morte lasciò la piccola e scappò gridando. La nebbia del fumo copriva Fiorenza e Francesco mentre il soldato urlando fu braccato dai suoi che non lo presero sul serio dicendogli che era sicuramente ubriaco e aveva bevuto troppo. Fu allora che Francesco disse a Fiorenza: "Piccola mia, io adesso non faccio più parte di questo mondo, ma sono lassù in grazia di Dio, e da lassù veglio su di te e su tutti voi, ora e per sempre. Non ti abbattere e sappi che verranno tanti e tanti conquistatori, ma Fiorenza un giorno sarà libera e tutti noi verremo ricordati per sempre nella storia, poiché il destino nostro e di Fiorenza appartiene solo all' eternità. Adesso va a casa e ricordati, finché lo spirito di Fiorenza sarà in te tu sarai sempre libera in qualsiasi parte del mondo e in qualsiasi momento tu sia. Ciao piccola." E detto così l'ombra del Ferrucci piano piano svanì indicando alla piccola Fiorenza una strada sicura verso casa sua.

 

 

Autore


Nicola Biagi

 

 

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